Liste civiche e astensione. Due fenomeni, diversi nella loro natura, che però sono il frutto di una medesima radice: l’inadeguatezza dei partiti a svolgere la loro funzione di rappresentanza in modo responsabile. Più correttamente andrebbe detto: l’inadeguatezza di “questi” partiti a svolgere la loro funzione di rappresentanza. Infatti sarebbe molto pericoloso dire che il partito in quanto tale è uno strumento inadeguato. Va ritenuto invece uno strumento indispensabile (cfr. A. Bagnasco, Prolusione all’Assemblea della CEI, 21 maggio 2012) per la gestione della polis. Quando diciamo inadeguatezza di “questi” partiti, vogliamo piuttosto additare un problema che riguarda chi oggi organizza, abita e si serve dei partiti, e non lo strumento in sé. Si tratta di un problema che ha notevoli risvolti organizzativi, ma che, come ogni fenomeno sociale, si radica nelle responsabilità personali di ciascun attore. Rappresentare i cittadini è un fatto squisitamente morale, perché implica la libertà dei rappresentanti di scegliere i fini ai quali indirizzare le singole azioni: chi rappresenta i cittadini infatti viene dotato di un “potere”, cioè della responsabilità di gestire risorse e di compiere azioni per indirizzarle ad un fine, e ogni singola scelta ricade sugli altri, anzi, per meglio dire, su tutti. Il “potere” è dunque una cosa molto delicata in ogni ambito e ad ogni livello. La Dottrina sociale della Chiesa su questo punto afferma: «autorità responsabile significa autorità esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio (pazienza, modestia, moderazione, carità, sforzo di condivisione); un’autorità esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalità del proprio operare il bene comune e non il prestigio o l’acquisizione di vantaggi personali» (Compendio n° 410).
A questo proposito meritano di essere fatte due osservazioni molto semplici.
Le virtù che vengono qui menzionate non si improvvisano, perché debbono sgorgare dal profondo della persona, non possono essere un superficiale rivestimento. Ma in una società/comunità nella quale esse sono una rarità, è più difficile che tale radicamento vi sia, e dunque è più difficile che alberghino anche nei rappresentanti di tale società. Dunque forse, prima ancora che dare addosso ai partiti, è necessario un ripensamento del nostro essere comunità e società, della cultura che la pervade; ed è indispensabile una verifica critica anche verso i “diffusori” di tale cultura (media, economia, ecc.). Va compreso se questa cultura fa leva sugli istinti dell’uomo o sulle forze più nobili che egli porta dentro, e sottoporla a critica serrata, tenendo conto che tanto più si tratta di una cultura materialistica e individualistica, tanto più il problema potrebbe essere grande.
E tuttavia, ed è la seconda osservazione, non si può dire che non vi siano uomini e donne che in questo momento stanno interpretando le loro responsabilità pubbliche in modo responsabile e virtuoso. Spesso sono giovani, e a noi capita di incontrarli e di scoprire veramente tanta ricchezza. Spesso combattono contro logiche di potere, di cordata, di interessi. Ma spesso anche resistono e vincono. Noi vorremmo sperare che queste forze fresche e sane, sappiano essere in rete e trovare spazi liberi di condivisione e di cura delle virtù morali, per rigenerare insieme, quasi dal basso, la politica, ma prima ancora la società intera.