«L’elemento etico è il fattore intrinseco delle leggi economiche». Queste parole sintetizzano in modo molto efficace il pensiero del neo-Beato Giuseppe Toniolo, figura di laico credente che nella sua vita e nella sua attività di ricerca intellettuale ha saputo testimoniare il Vangelo nei campi ardui dell’economia e del lavoro.
È doveroso per noi cristiani, in questo tempo di forti difficoltà legate al lavoro, trarre spunti di stile, di fede e di impegno da uomini come Giuseppe Toniolo, al quale anche Padova è in parte legata, in quanto sede dei suoi studi e degli inizi sia della sua attività accademica sia del suo apostolato in ambito sociale.
In occasione della Festa del lavoro 2012, traendo spunto quest’anno dalla figura di Giuseppe Toniolo, come Chiesa di Padova vorremmo offrire due spunti di riflessione.
1. L’affermazione di Toniolo secondo cui “l’etica è un elemento intrinseco delle leggi economiche”, mette in luce che anche nell’economia il soggetto è la persona ed entrano in azione le scelte libere della persona. Tuttavia oggi avvertiamo forte la sensazione che l’economia sia una sorta di “sistema” preordinato, che sembra inibire la libertà dell’uomo, e che produce anche “vittime”. Molte persone hanno la sensazione netta di non poter scegliere nulla in campo economico: imprenditori che non ce la fanno, e giungono anche al gesto estremo del suicidio; numerosi lavoratori (spesso ultra quarantacinquenni) che vengono espulsi dal lavoro e che non riescono a riposizionarsi; giovani che non hanno possibilità di trovare un impiego stabile che permetta loro di costruirsi un progetto di vita. L’elenco potrebbe continuare.
Di fronte a questa sensazione di non libertà causata dal “sistema” economico, caratterizzato dalla globalizzazione, sentiamo il dovere di annunciare ancora una volta la prospettiva cristiana. Sono gli uomini, con le loro scelte, con la loro intelligenza, con le loro tecniche, ad aver costruito questo “sistema”: e dunque gli uomini, ad ogni livello, hanno in sé stessi il potere e la libertà di modificarlo. Ciascuno è chiamato ad adoperare tutto il margine di libertà che gli è concesso all’interno del sistema, e a volgere ogni propria azione al bene, e non a ciò che lo nega. Più potere uno si troverà a gestire nel sistema, più grande sarà la responsabilità nell’uso di tale libertà di scelta, perché più grandi saranno le conseguenze delle sue azioni. Solo rimettendo in gioco tutta la libertà rivolta al bene, e al bene comune, si potrà costruire un “sistema” economico sostenibile e non “pericoloso” per la persona umana.
Uno dei criteri morali – e forse il più importante – per identificare il bene è il bisogno dell’altro, degli altri. Giuseppe Toniolo affermò che la strutturazione ideale dell’economia è quella che è fatta “a misura del bisogno altrui”. Questo deve diventare il criterio di ogni singola azione, ad ogni livello. È un criterio capace di trascendere le tendenze all’egoismo e, in questo senso, è anzitutto di ordine spirituale e morale; è criterio però che potrebbe orientare in modo preciso anche i sistemi complessi che una società elabora. Tale criterio può strutturarsi in strumenti che moderino o addirittura impediscano la speculazione e la strumentalizzazione per il solo guadagno e la sola rendita; lo schiacciamento sul presente nella ricerca dei risultati; la non solidarietà verso le future generazioni; la finalizzazione stessa del fatto economico esclusivamente nel profitto; la frattura sempre più ampia in termini di redditività tra rendite finanziarie e impresa; un’economia dannosa per l’ambiente e dunque non “sostenibile”.
C’è da essere convinti che un certo sviluppo solidale del nostro paese, e dei nostri territori in particolare, sia stato possibile perché un insieme di criteri morali vicini a quello delineato dal Toniolo, hanno a lungo orientato la libertà di scelta personale, ed erano anche un sentire comune. Appare altresì evidente che l’attenuata attenzione ad alcuni criteri moralinon sta producendo maggior benessere economico diffuso, ma crisi prolungata, insostenibilità economica, disuguaglianze sempre più insopportabili a coscienze minimamente sensibili.
2. Proprio riferendoci a questo sentire comune, vorremmo proporre una seconda riflessione, come appello e incoraggiamento alle comunità cristiane. Forse non è del tutto vero che, come si sente dire spesso, l’orientamento morale delle persone è cambiato completamente di segno, e si sono introdotti altri criteri. A noi pare, anche osservando molti dei territori della nostra diocesi, che ci siano riserve di valori e di libertà orientate al bene comune. Di qui l’appello e l’incoraggiamento alle comunità cristiane a ritornare ad essere e alimentare serbatoi di valori; luoghi dove la coscienza del bene anche nel mondo del lavoro e dell’economia viene formata e sostenuta, soprattutto mediante la conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa; comunità dove chi si sente schiacciato dal “sistema” possa sentirsi rinforzato e sostenuto nella sua libertà e fedeltà ai valori; luoghi di relazioni solidali, dove il bisogno dell’altro viene percepito immediatamente come appello alla responsabilità di tutti e di ciascuno; comunità dove la famiglia è riconosciuta e da dove partono sollecitazioni forti alle coscienze degli operatori economici e del lavoro a salvaguardarla in ogni modo, anche con scelte profetiche in campo di organizzazione del lavoro; e anche realtà dove sono incoraggiate e coltivate vocazioni ad un impegno economico e imprenditoriale sostenibile e libero.
Di fronte poi alla pervasiva prassi delle aperture domenicali dei centri commerciali, le comunità cristiane potrebbero veramente essere luoghi dove la domenica è valorizzata e vissuta nella sua dimensione di giorno di riposo, di vita spirituale, di relazioni familiari e gratuite e di attenzione ai più poveri a alle persone sole: se ogni cristiano che partecipa alla messa domenicale, facesse la scelta, nel tempo libero, di andare a trovare una persona sola o una famiglia in difficoltà per la perdita del lavoro, quanto di bene ne verrebbe alla comunità intera! E – non è illusione – anche alla stessa vita economica e lavorativa, perché l’autentico e duraturo benessere economico si regge su di una comunità che non smarrisce gli elementi originari della coscienza morale che fa riferimento a Dio, ai suoi comandamenti e ai valori di solidarietà, libertà e carità.
In una parola, le comunità cristiane possono essere veramente comunità dove “nessuno è tra loro bisognoso” (cfr At 4, 34), e su questo possono ancora contagiare il mondo. Tutto ciò appare molto coerente anche con ciò che è scaturito dal discernimento comunitario svolto dai Consigli pastorali diocesani delle 15 Chiese del Nordest in occasione del secondo convegno ecclesiale di Aquileia: lì è emersa con chiarezza la necessità e il desiderio che le comunità cristiane siano “profetiche” in ordine al bene comune, al modello di sviluppo e alle situazioni dell’economia e del lavoro.
Per concludere, mentre esprimiamo ancora una volta una profonda vicinanza a coloro che soffrono nella loro vita le conseguenze della difficile situazione economica e lavorativa, noi auspichiamo e preghiamo affinché le “cose nuove” del lavoro che stanno venendo avanti in questi mesi, possano essere veramente ispirate da criteri nuovi rispetto al recente passato.