Rinnovare l'anima del corpo sociale

Il Vescovo al Convegno della FISP

Sono lieto di porgere il mio rispettoso e cordiale saluto a tutti voi, in particolare alla Direttrice Francesca Schiano, a Don Marco Cagol, Delegato vescovile per la pastorale sociale e del lavoro, ai Relatori, Prof. Mauro Magatti e Prof. Simone Morandini, alla Fondazione Lanza, qui rappresentata da Lorenzo Biagi, Segretario Generale, ai Sindaci, Parlamentari, Consiglieri comunali e provinciali, Deputati, a Docenti e Alunni.
 
La Fisp, in collaborazione con la Fondazione Lanza, affronta il tema dell’etica civile. È certamente un tema di viva attualità in relazione al momento di grave crisi politica ed economica che affligge il nostro Paese in un contesto europeo e di globalizzazione. Questa crisi chiama in causa quella che possiamo chiamare l’anima del corpo sociale, e questa è data dal ‘logos’, dalla progettualità di fini e mezzi, dalla scala di valori di ordine spirituale ed etico che ispirano l’ethos civile e sociale.
Questa crisi – che è considerata e interpretata da varie angolature – dovremmo considerarla e affrontarla come un’occasione per una conversione, cioè un cambiamento di fondo; un cambiamento di cui vorrei mettere in risalto un aspetto non secondario, quello valoriale ed etico, cioè spirituale.
Sotto questo profilo, è questione di rivedere un modello e uno stile di democrazia in rapporto alla gestione delle risorse disponibili. Consideriamo un certo modello di fare politica. Lo scopo di chi vuol essere eletto è di ottenere il voto, il consenso degli elettori. Ma come l’ottiene? Promettendo di soddisfare le richieste degli elettori, e questo spesso ha voluto dire spendere, anche al di sopra delle reali possibilità; per farlo ci si è indebitati all’eccesso e, quindi, si sono dovute imporre sempre più tasse. L’aspetto di soddisfazione dei bisogni materiali, anche superflui, ha preso il sopravvento, così che Mercato e Borsa sono diventati padroni dei governi o, quanto meno, ne condizionano le scelte.
Da parte dei cittadini, poi, si sono rivendicati come diritti quelle che non sono altro che delle pretese o dei desideri individuali, ma non dei veri diritti.
Questa visione è stata incentivata dall’ideologia del consumismo, – ideologia ripeto (non i consumi necessari) – per cui tutto diviene oggetto di consumo, dal sesso, alle droghe…
La crisi attuale ci sta presentando un conto salato: i più a soffrirne sono le fasce già povere e disagiate e i giovani, perché le scelte politiche non hanno pensato in modo efficace al futuro e questo vuol dire anche alle famiglie e ai figli. La crisi attuale dovrebbe indurre a porre fine a sprechi, a spese superflue e viziose. Anche le istituzioni statali e pubbliche, inclusa la Chiesa, dovrebbero snellirsi. Questo non è moralismo, è senso di responsabilità e di solidarietà.
È di fronte a questa situazione che ho parlato dell’esigenza di conversione, conversione di visione della vita, di valori, di modelli e stili di vita.
Una democrazia senza valori e senza finalità e obiettivi degni della più alta vocazione dell’uomo, si deteriora ineluttabilmente. Nella mia riflessione sul corso della storia, sono portato a pensare che vi siano come dei cicli o epoche, dove si impongono visioni del mondo, progetti e promesse, gestiti da poteri che nascono, si affermano e poi declinano. Così è stato dell’epoca marxista-comunista, di quella nazista-fascista…
Dopo il cataclisma bellico, si è istituita nel nostro Paese una democrazia con una pregevole Costituzione. Si è registrata una significativa crescita economica-sociale-culturale. Poi sono intervenute le ‘rivoluzioni’ che, nel fondo, sono generate dal dinamismo e dall’aspirazione e – diciamo – dal sogno di una piena libertà del soggetto e di soddisfacimento dei suoi desideri: la rivoluzione del ’68, che ha messo in crisi – nel nome della libertà individuale – il senso dell’autorità; la rivoluzione sessuale e al suo seguito: divorzio, aborto, droga, ma, anche, crisi della legalità e dell’educazione, e quella perdita di dignità che il Censis, nell’ultimo rapporto, ha osservato come “sregolatezza delle pulsioni”. Si è affermata una visione secolarizzata della vita, ma essa non si rivela soddisfacente e non ha prodotto la liberazione e la felicità, cui si aspirava.
Occorre riconoscere che governare questa società, oggi globalizzata e pluralistica, è diventato molto arduo. Ma occorre reagire. E questo richiede una conversione, un ripensamento, una riflessione che porti a nuove scelte.
In riferimento alla crisi finanziaria, vorrei richiamare la Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace “Per una riflessione del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale” (24-10-2011) in cui è svolta anche una riflessione sulla rilevanza dei fattori etici e culturali nell’attività economica e finanziaria.
Più in profondità, penso che occorre riscoprire la visione alta della vita e della società, dei suoi fini e del suo senso. Questo richiede:
1.                  Una filosofia politica, oggi piuttosto carente nella classe dirigente. E insieme ad essa la ricerca del “primato dello spirituale”, non distaccato ma incarnato nel “materiale” come sua ispirazione. In questa ottica, ritengo importante riscoprire e ravvivare due fonti genuine dell’impegno nella vita sociale e politica: la coscienza e la virtù.
2.                  La coscienza è una facoltà fondamentale, essa rimanda a valori che trascendono l’individuo perché hanno la loro sorgente nella Verità che è Dio stesso. Quando in una società la coscienza si oscura, si diffonde il permissivismo o si gioca a fare i furbi, si ha l’evasione fiscale. Lo Stato, allora, è costretto a ricorrere sempre più a divieti e a controlli. Così si oscilla tra permissivismo e repressione. Ricordiamo che la Chiesa ha proposto S. Thomas More, quale patrono dei politici: per essere fedele alla coscienza, alla verità, egli ha affrontato il martirio.
3.                  Le virtù. Il pensiero classico, greco-romano, ebraico e cristiano ha elaborato e proposto l’educazione alle virtù per plasmare persone all’altezza della loro dignità, equilibrate, mature, capaci di buone relazioni sociali. Sono state individuate quelle cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Esse valgono tanto per chi governa e amministra, come per i cittadini.
Forse è il caso di considerarle e riproporle. A queste virtù di base, il cristianesimo aggiunge la carità, la solidarietà, l’amore per il prossimo, la fraternità universale.
La Chiesa e la nostra Diocesi si propongono di dare il proprio peculiare contributo di educazione ai valori etici. Noi Vescovi italiani abbiamo proposto, per il decennio 2010-2020, gli orientamenti pastorali indirizzati ad “Educare alla vita buona del Vangelo”. In Diocesi sosteniamo la formazione specifica di coloro che aspirano a cariche pubbliche e l’offerta di momenti ed esperienze specificamente spirituali che illuminino e sostengano l’impegno nella vita pubblica.
Vorrei, inoltre, menzionare che il 2° Convegno di Aquileia, che stiamo attivamente proponendo, si prefigge un rilancio della formazione e dell’impegno della comunità cristiana per il bene comune nel Nord Est.
Il cristiano, illuminato dalla fede, guarda alle vicende del mondo e della storia con la speranza teologale. Questa virtù è un lucido realismo, distinto sia dall’ingenuo ottimismo che dal cupo pessimismo, poggiante sulla convinzione che la storia è messa in atto dalla libertà e responsabilità dell’uomo, ma in essa agisce, anche, la Provvidenza di Dio che sa guidarla ad un fine di bene.
Auguro a tutto voi di essere illuminati e sostenuti dalla luce della fede e dal vigore della speranza cristiana. Assicuro a quanti sono impegnati nella vita pubblica che ogni giorno prego per loro.
Auspico che quest’anno di formazione all’impegno socio-politico sia un’occasione di crescita per il bene comune.
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