Referendum 12 e 13 giugno: informazione e partecipazione

Nota del Consiglio Pastorale Diocesano e una scheda informativa

Si avvicina la data dei quattro referendum abrogativi, per i quali si voterà il 12 e il 13 giugno prossimi.
Molti soggetti del mondo cattolico hanno contribuito alla raccolta di firme in particolare per i due quesiti referendari sull’acqua: questo è stato un segno di partecipazione e di interesse da guardare come fatto positivo.
Il meccanismo stesso del referendum abrogativo e, in generale, la complessità del panorama legislativo rendono i quesiti difficilmente comprensibili. Quando, poi, non si abroga per intero una legge bensì solo alcuni articoli o parti di essi, la difficoltà di comprensione aumenta ulteriormente.
Come Consiglio Pastorale Diocesano offriamo alcune riflessioni.
Oggi i meccanismi partecipativi sono in crisi, anche a causa di norme che mortificano il potere di scelta del corpo elettorale. Pensiamo ad esempio alla legge elettorale che ha trasformato l’elezione dei parlamentari in una designazione ad opera dei vertici dei partiti nazionali, o del leader in sella al proprio partito da dieci o venti anni.
In questo contesto, la scelta se partecipare o no al referendum non può dipendere da scarsa informazione (oltretutto utilizzabile come arma strategica dalle parti in campo) o da disinteresse. La decisione di votare sì o no, o di non votare, sia il frutto di una scelta il più possibile informata e motivata.
Per questo chiediamo che i mass media forniscano le informazioni necessarie per una scelta consapevole[1]; e ci rivolgiamo, soprattutto, alle aggregazioni ed alle istituzioni cattoliche per sollecitarle a fornire informazioni utili per una scelta il più possibile approfondita.
Invitiamo a scegliere con consapevolezza la condotta da tenere di fronte al voto, affinché l’approccio al referendum non sia frutto di scarsa informazione o peggio, di disinteresse per il bene comune[2]. Non diamo alibi a chi vorrebbe ridurre ulteriormente il potere del cittadino di incidere sul funzionamento delle Istituzioni.
Non sarà inutile, infine, ricordare che i referendum sono quattro – due sulla gestione dei servizi per l’acqua, uno sul nucleare, uno sul legittimo impedimento – e molto diversi tra loro.
I due referendum sull’acqua chiamano in causa il bene di molte persone e famiglie (bene comune), la destinazione universale dei beni, la responsabilità di chi amministra i beni comuni, la responsabilità verso il bene comune da parte di chi svolge attività economica, il diritto universale e inalienabile all’acqua da parte di tutti (cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 484-485). Se da un lato privatizzare le reti idriche non significa privatizzare il bene dell’acqua in sé, dall’altro va ponderata bene tale distinzione e la modalità di attuazione, affinché tale bene non sia poi di fatto trattato come una merce e solo come bene economico, perché questo confliggerebbe con la sua stessa natura (cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 485).
Per quanto riguarda il referendum sul nucleare, se da un lato è necessario ricordare che nella dottrina sociale della Chiesa non c’è una preclusione all’uso pacifico del nucleare, oggi la questione delle centrali nucleari chiama comunque in causa valori quali la salvaguardia del creato, il diritto di tutti ad uno sviluppo sostenibile che tenga conto anche delle future generazioni e principi quali la responsabilità morale nello sviluppo della tecnologia (cfr. Caritas in veritate, 70) e il classico principio morale della precauzione.
Il referendum sul legittimo impedimento ha a che fare con il principio costituzionale della distinzione e autonomia tra i poteri dello Stato e del diritto/dovere di chi è stato eletto a governare, che debbono in ogni caso essere composti in modo adeguato con il principio dell’uguaglianza dei cittadini, e i valori della legalità e della giustizia.
Arriviamo informati alla data del 12 giugno, per esprimere in coscienza il nostro orientamento su ciascuno dei quattro quesiti, senza fare di ogni erba un fascio.
 
Villa Immacolata – Torreglia, 21 maggio 2011
 
il Consiglio Pastorale Diocesano di Padova
 


[1] «I media possono costituire un valido aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l'ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell'universale partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto» (Caritas in veritate, 73).
 
[2] «È pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici, sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti.
Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune….
Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista» (Gaudium et Spes, 75).
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